I MAGGIO
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I MAGGIO
di Benito Mussolini
Questo discorso è diretto agli operai. Parliamo schietto. Senza finzioni. Senza adulazioni. Così come la coscienza ci detta. È, oggi, di moda ”adulare” le masse lavoratrici e precisamente quelle che lavorano manualmente. Noi ci rifiutiamo di seguire questa moda cortigianesca. Preferiamo celebrare il lavoro in tutte le sue manifestazioni, dalle più eccelse alle più modeste; da quelle che trasformano la rozza materia a quelle che esprimono i moti profondi dello spirito. Adoriamo il lavoro che dà la bellezza e l’armonia alla vita, non solo quello che aumenta la possibilità del nostro benessere materiale. Ciò premesso, noi parliamo da “amici” agli operai. Amici che non chiedono nulla. Assolutamente nulla. Come amici disinteressati, noi diciamo agli operai italiani che essi stanno per cedere sotto una nuova tirannia, che, oltre ad essere spietata, è ridicola: alludiamo alla tirannia del Partito Socialista.
Quando noi meditiamo su quello che accade, ci sentiamo umiliati. Le masse operaie sono alla mercé di una classe politica cosiddetta socialista, che vuole semplicemente sostituirsi, per via dell’ assiette au beurre, alla classe politica cosiddetta borghese. Questo trucco volgare ha un nome sonante.: si chiama dittatura del proletariato. Ci stupisce che le teste pensanti della Confederazione Generale del Lavoro, che non possono non aver avvertito il fenomeno, lo accettino passivamente, anche nelle sue disastrose conseguenze. La verità è che i 6oo mila organizzati della Confederazione Generale del Lavoro dipendono - come tanti schiavi - da venti o trentamila uomini che si chiamano socialisti. Costoro “giocano” le masse operaie senza consultarle mai. La condotta del Partito nei rapporti del proletariato è squisitamente autocratica, assolutista, imperialista, borghese. C’è un elemento di grottesco, che si delinea plasticamente. Chi sono questi cosiddetti socialisti che la fanno da pastori del gregge ? Perché presumono essi, ed essi soli, di essere gli interpreti genuini, i rappresentanti autentici della massa lavoratrice e quali titoli di sapienza, di saggezza, di virtù possono vantare in confronto del resto degli umili mortali? Dov’è il diritto e la ragione della loro dittatura? Non nel loro cervello, che in media non supera di capacità quello degli altri; non nel loro cuore, che non può contenere più humanitas di quanto non ne contengano gli altri innumerevoli delle innumerevoli creature umane: il titolo della loro dittatura è un semplice cartoncino che si chiama tessera e che l’ultimo idiota, pazzo, fannullone, parassita, borghese di questo mondo può procurarsi inscrivendosi nel Partito e pagando la tenue moneta di una lira.
Quando un signore qualunque è munito di quella tessera, da un giorno o da un mezzo secolo, ed è in regola colle marchette, egli cessa issofatto di appartenere alla povera nostra comune umanità: diventa un prescelto, un eletto, un veggente, un apostolo, un santo, un dio: tutte le sapienze, tutte le virtù, tutti gli eroismi gli appartengono. Quello che dice, decide, fa o non fa, rappresenta sempre il maximum della saggezza: il cartoncino della tessera ha un magico potere per cui gli imbecilli diventano geni, i conigli leoni e la massa operaia deve ubbidire, ciecamente ubbidire, a ciò che viene stabilito da un sinedrio di uomini, che non hanno mai lavorato e non lavoreranno mai, perché hanno trovato nel “socialismo” il loro mestiere, il loro pane, la loro soddisfazione, come altri trova il pane e il resto in una scuola, in un ufficio, in un campo o in una officina.. C’è una nuova divinità nel mondo: la tessera. E come tutte le divinità anche questa richiede non solo incensi, ma sacrifici; non solo preci, ma sangue. I proletari vogliono o non vogliono accorgersi che sono ancora incatenati e che da una schiavitù passano a un’altra schiavitù? Gli operai che sono degni dell’aggettivo “coscienti” devono insorgere contro il rinnovato strazio che si fa della loro volontà, del loro benessere, della loro vita.
Il “partito” è un fatto estraneo al movimento operaio. Nessuno gli contesta l’esercizio del potere sui suoi inscritti; ma è cretino e criminoso permettergli l’esercizio e l’abuso del potere sul proletariato. Che il Pus decida il finimondo, è affare che lo riguarda, ma che decida in assenza del proletariato e contro il proletariato, arrogandosi poi il diritto d’imperio sul proletariato stesso, è spettacolo “reazionario” e autocratico che deve finire. È tempo di stabilire nelle organizzazioni un regime di vera democrazia. E’ tempo di dire che prima di inscenare qualsiasi movimento economico e politico, gli operai devono essere interpellati. È tempo di dire che gli operai non sono fantocci privi di capacità ragionante, come li ritiene il Partito Socialista, dal momento che si “sostituisce” continuamente a loro senza interrogarli mai.
Amici operai,è in questione la vostra dignità e la vostra libertà. Provvedete/ Insorgete ! Prima che la tirannia rossa vi abbia schiacciati.
Un discorso di questo genere, nel quale intimamente consentono - ne siamo sicuri - i dirigenti confederali, è destinato a provocare le solite accuse. Certi atteggiamenti fanno ricordare il “Volete la salute ? Bevete etc.”. Volete “passare” da rivoluzionari? Provvedetevi di una tessera. Ma noi, che siamo e rimarremo sprovvisti di tessera, siamo così poco “reazionari” che accettiamo quasi tutti i postulati del manifesto confederale del Primo Maggio, manifesto che dà all’anima una sensazione di luce e di forza, mentre quello della Direzione del Partito dà un senso di buio, d’impotenza e di disperazione. La trasformazione del Parlamento e l’introduzione della rappresentanza integrale, è nel programma dei Fasci.
*Sempre nel programma dei Fasci è la immediata applicazione di una legge che sanzioni la conquista proletaria delle otto ore;
* la modificazione del decreto-legge per le pensioni d’invalidità e vecchiaia riducendo il limite di età a 55 anni per gli uomini e 50 per le donne;
* l’immediato apprestamento dei decreti-legge per le assicurazioni obbligatorie di malattia e di disoccupazione;
* un’imposta fortemente progressiva sul capitale;
* l’attuazione dei conclamati provvedimenti atti a lenire e migliorare le condizioni dei mutilati e invalidi di guerra e a risolvere il problema delle abitazioni.
Facciamo le nostre riserve su alcuni postulati politici. Prescindendo da ciò, ci troviamo di fronte a un programma di realizzazione e di costruzione. Non qui, si trovano gli isterismi dittatoriali del Partito Socialista, che sabotano più che aiutare il moto di ascensione delle masse operaie; moto che noi fiancheggiamo perché pensiamo che, se le masse lavoratrici rimangono in uno stato di miseria e di abbrutimento, non v’è grandezza di popolo, né dentro, né oltre i confini della Patria.
(”Il Popolo d’Italia”, N. 118, 1° maggio 1919)
Questo discorso è diretto agli operai. Parliamo schietto. Senza finzioni. Senza adulazioni. Così come la coscienza ci detta. È, oggi, di moda ”adulare” le masse lavoratrici e precisamente quelle che lavorano manualmente. Noi ci rifiutiamo di seguire questa moda cortigianesca. Preferiamo celebrare il lavoro in tutte le sue manifestazioni, dalle più eccelse alle più modeste; da quelle che trasformano la rozza materia a quelle che esprimono i moti profondi dello spirito. Adoriamo il lavoro che dà la bellezza e l’armonia alla vita, non solo quello che aumenta la possibilità del nostro benessere materiale. Ciò premesso, noi parliamo da “amici” agli operai. Amici che non chiedono nulla. Assolutamente nulla. Come amici disinteressati, noi diciamo agli operai italiani che essi stanno per cedere sotto una nuova tirannia, che, oltre ad essere spietata, è ridicola: alludiamo alla tirannia del Partito Socialista.
Quando noi meditiamo su quello che accade, ci sentiamo umiliati. Le masse operaie sono alla mercé di una classe politica cosiddetta socialista, che vuole semplicemente sostituirsi, per via dell’ assiette au beurre, alla classe politica cosiddetta borghese. Questo trucco volgare ha un nome sonante.: si chiama dittatura del proletariato. Ci stupisce che le teste pensanti della Confederazione Generale del Lavoro, che non possono non aver avvertito il fenomeno, lo accettino passivamente, anche nelle sue disastrose conseguenze. La verità è che i 6oo mila organizzati della Confederazione Generale del Lavoro dipendono - come tanti schiavi - da venti o trentamila uomini che si chiamano socialisti. Costoro “giocano” le masse operaie senza consultarle mai. La condotta del Partito nei rapporti del proletariato è squisitamente autocratica, assolutista, imperialista, borghese. C’è un elemento di grottesco, che si delinea plasticamente. Chi sono questi cosiddetti socialisti che la fanno da pastori del gregge ? Perché presumono essi, ed essi soli, di essere gli interpreti genuini, i rappresentanti autentici della massa lavoratrice e quali titoli di sapienza, di saggezza, di virtù possono vantare in confronto del resto degli umili mortali? Dov’è il diritto e la ragione della loro dittatura? Non nel loro cervello, che in media non supera di capacità quello degli altri; non nel loro cuore, che non può contenere più humanitas di quanto non ne contengano gli altri innumerevoli delle innumerevoli creature umane: il titolo della loro dittatura è un semplice cartoncino che si chiama tessera e che l’ultimo idiota, pazzo, fannullone, parassita, borghese di questo mondo può procurarsi inscrivendosi nel Partito e pagando la tenue moneta di una lira.
Quando un signore qualunque è munito di quella tessera, da un giorno o da un mezzo secolo, ed è in regola colle marchette, egli cessa issofatto di appartenere alla povera nostra comune umanità: diventa un prescelto, un eletto, un veggente, un apostolo, un santo, un dio: tutte le sapienze, tutte le virtù, tutti gli eroismi gli appartengono. Quello che dice, decide, fa o non fa, rappresenta sempre il maximum della saggezza: il cartoncino della tessera ha un magico potere per cui gli imbecilli diventano geni, i conigli leoni e la massa operaia deve ubbidire, ciecamente ubbidire, a ciò che viene stabilito da un sinedrio di uomini, che non hanno mai lavorato e non lavoreranno mai, perché hanno trovato nel “socialismo” il loro mestiere, il loro pane, la loro soddisfazione, come altri trova il pane e il resto in una scuola, in un ufficio, in un campo o in una officina.. C’è una nuova divinità nel mondo: la tessera. E come tutte le divinità anche questa richiede non solo incensi, ma sacrifici; non solo preci, ma sangue. I proletari vogliono o non vogliono accorgersi che sono ancora incatenati e che da una schiavitù passano a un’altra schiavitù? Gli operai che sono degni dell’aggettivo “coscienti” devono insorgere contro il rinnovato strazio che si fa della loro volontà, del loro benessere, della loro vita.
Il “partito” è un fatto estraneo al movimento operaio. Nessuno gli contesta l’esercizio del potere sui suoi inscritti; ma è cretino e criminoso permettergli l’esercizio e l’abuso del potere sul proletariato. Che il Pus decida il finimondo, è affare che lo riguarda, ma che decida in assenza del proletariato e contro il proletariato, arrogandosi poi il diritto d’imperio sul proletariato stesso, è spettacolo “reazionario” e autocratico che deve finire. È tempo di stabilire nelle organizzazioni un regime di vera democrazia. E’ tempo di dire che prima di inscenare qualsiasi movimento economico e politico, gli operai devono essere interpellati. È tempo di dire che gli operai non sono fantocci privi di capacità ragionante, come li ritiene il Partito Socialista, dal momento che si “sostituisce” continuamente a loro senza interrogarli mai.
Amici operai,è in questione la vostra dignità e la vostra libertà. Provvedete/ Insorgete ! Prima che la tirannia rossa vi abbia schiacciati.
Un discorso di questo genere, nel quale intimamente consentono - ne siamo sicuri - i dirigenti confederali, è destinato a provocare le solite accuse. Certi atteggiamenti fanno ricordare il “Volete la salute ? Bevete etc.”. Volete “passare” da rivoluzionari? Provvedetevi di una tessera. Ma noi, che siamo e rimarremo sprovvisti di tessera, siamo così poco “reazionari” che accettiamo quasi tutti i postulati del manifesto confederale del Primo Maggio, manifesto che dà all’anima una sensazione di luce e di forza, mentre quello della Direzione del Partito dà un senso di buio, d’impotenza e di disperazione. La trasformazione del Parlamento e l’introduzione della rappresentanza integrale, è nel programma dei Fasci.
*Sempre nel programma dei Fasci è la immediata applicazione di una legge che sanzioni la conquista proletaria delle otto ore;
* la modificazione del decreto-legge per le pensioni d’invalidità e vecchiaia riducendo il limite di età a 55 anni per gli uomini e 50 per le donne;
* l’immediato apprestamento dei decreti-legge per le assicurazioni obbligatorie di malattia e di disoccupazione;
* un’imposta fortemente progressiva sul capitale;
* l’attuazione dei conclamati provvedimenti atti a lenire e migliorare le condizioni dei mutilati e invalidi di guerra e a risolvere il problema delle abitazioni.
Facciamo le nostre riserve su alcuni postulati politici. Prescindendo da ciò, ci troviamo di fronte a un programma di realizzazione e di costruzione. Non qui, si trovano gli isterismi dittatoriali del Partito Socialista, che sabotano più che aiutare il moto di ascensione delle masse operaie; moto che noi fiancheggiamo perché pensiamo che, se le masse lavoratrici rimangono in uno stato di miseria e di abbrutimento, non v’è grandezza di popolo, né dentro, né oltre i confini della Patria.
(”Il Popolo d’Italia”, N. 118, 1° maggio 1919)
alonso- Ospite
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