Envecible Armada?
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Envecible Armada?
Envecible Armada?
Riuscirà l'esercito degli Stati Uniti a sopravvivere alle guerre neocon?
L’esercito americano è un esercito ad arruolamento volontario che si basa su due elementi fondamentali: le unità federali e le guardie nazionali dei singoli stati. Le truppe federali vengono arruolate, generalmente con un ingaggio triennale, mediante l’azione di arruolatori che girano per le scuole superiori e i college per far leva sul sentimento patriottico degli studenti con l’aggiunta di promesse sulle prospettive per il futuro che, l’addestramento, le capacità e i meriti acquisiti durante la ferma, offrono rispetto ai civili. Prima che i disastri irakeno e afgano si palesassero compiutamente agli americani, a rispondere positivamente, in genere, erano i ragazzi della piccola borghesia operaia e impiegatizia immiserita dalla deindustrializzazione degli USA. Ragazzi provenienti dall’area rurale del bible belt ovvero la seconda generazione degli ispanici, alla ricerca di una più compiuta integrazione. Un altro 15% degli effettivi era costituito da immigrati più o meno clandestini, dall’America latina e dall’Asia, attratti dal miraggio della carta verde e della cittadinanza. Scarsa ormai era l’incidenza degli afro-americani. Si trattava quindi, nella massa, di bravi ragazzi. Di questi bravi ragazzi, durante l’addestramento, si tentava una sostanziale disumanizzazione con metodi di cui la rappresentazione data nel film Full metal jacket non è assolutamente caricaturale (L’attore che impersona il sergente istruttore dei marines è un vero sergente istruttore che non recita, si limita ad essere se stesso). Lo scopo era ed è quello di trarre delle macchine da guerra da dei giovanotti cresciuti nella disneyland mediatica, che ormai sforma anche i nostri ragazzi. L’effetto reggeva, in genere, per operazioni mordi e fuggi e per campagne di breve durata. Ma quando la presenza sul campo di battaglia si prolunga, anche in operazioni a bassissima intensità, e l‘effetto narcotizzante dell’indottrinamento si stempera, scontrandosi con realtà affatto diverse da quelle descritte dalla propaganda, il livello delle perdite per collasso psicologico da combattimento aumenta a dismisura. Oggi, questi bravi ragazzi trovano sempre meno appetibile l’arruolamento. Ad essi sono stati affiancati, a frotte, i componenti delle bande metropolitane che prima erano esclusi, e dal regolamento che vietava l’arruolamento di pregiudicati, regolamento oggi reso più lasco dal crollo degli ingaggi, e dallo scarso interesse dei gangster. Interesse che ora si è notevolmente accresciuto, da quando le varie gang di chicanos hanno scoperto che la guerriglia in ambito urbano, che si consuma a Bagdad, è un ottimo training per i futuri scontri nel suburbio di Los Angeles o Miami. Così ai bravi ragazzi mal addestrati a fare i cattivi si frammischiano cattivi autentici, dotati di autentica ferocia, con effetti psicologici devastanti per i primi.
Altri fattori poi aggravano la situazione. Le nuove dottrine militari del Pentagono, elaborate dai “pensatori” che circondavano l’ex ministro della difesa Donald Rumsfeld, hanno puntato tutto sulla ipertecnologizzazione e sull’ outsurcing a scapito degli effettivi. La consistenza numerica dell’esercito americano è ridotta ai minimi storici dal 1917. Questo comporta che un qualsiasi intoppo nel turnover degli arruolamenti si traduca in un prolungamento dei periodi di servizio sul teatro delle truppe combattenti. Ora, negli ultimi tre anni, gli intoppi si sono cronicizzati. La diminuzione del “gradimento” della guerra nell’opinione pubblica ha portato ad un crollo verticale degli arruolamenti fra le classi che prima fornivano il nerbo delle reclute. In particolar modo, le principali associazioni, che difendono i diritti degli ispanici negli USA, hanno lanciato una campagna intensiva nelle scuole, per dissuadere i giovani latinos della working class dall’arruolarsi, prosciugando così una delle principali fonti di personale per esercito e marines.
Alla diminuzione degli arruolamenti contribuiscono anche le voci, purtroppo corrispondenti a realtà, che si stanno diffondendo, sull’iniquo trattamento riservato dalla amministrazione militare ai reduci feriti in combattimento, mutilati o comunque resi inabili a riprendere il servizio. Negli anni scorsi, ma non risulta che il provvedimento sia stato ritirato, l’amministrazione finanziaria del Pentagono si è resa colpevole di una disgustosa richiesta di rimborso dei premi di ingaggio, rivolta ai militari che, a causa delle ferite riportate in combattimento, non hanno potuto completare il periodo di ferma triennale, sottoscritto al momento dell’arruolamento. Centinaia di soldati, pesantemente menomati per le ferite riportate, si sono visti consegnare agli usurai delle società di recupero crediti, quando non abbiano prontamente provveduto al rimborso dei circa 2700 dollari che venivano loro richiesti. Ma l’abbandono al loro destino dei reduci non si limita a questo. I soldati delle guardie nazionali, feriti in combattimento, lamentano il fatto che, superato il periodo di emergenza, l’amministrazione sanitaria militare non si faccia carico delle cure per la convalescenza e per gli effetti cronici, abbandonandoli, di fatto, all’inesistente servizio sanitario civile e quindi, in definitiva, a se stessi.
Al di la delle emergenze mediche, la presenza sul campo delle guardie nazionali costituisce di per se stessa un problema. La guardia nazionale è una milizia, ad arruolamento volontario a disposizione dei governatori dei singoli stati. Alcuni reparti di queste milizie sono inquadrate in unità regolari dell’esercito federale e partecipano alle loro attività. In regime di coscrizione obbligatoria, le unità di mobilitazione della guardia nazionale, partecipavano ad esercitazioni congiunte con le forze armate federali sul territorio metropolitano. Il loro dispiegamento in teatro operativo era previsto solo in caso di mobilitazione generale o di alcune esercitazioni che prefigurassero la mobilitazione generale. Durante la guerra fredda alcune unità della guardia nazionale venivano dispiegate annualmente in Italia e in Germania. Ciò nell’ambito della esercitazione REFORGER (Retourn Forces in Germany), in cui si simulava la risposta alleata ad una invasione dell’Europa occidentale da parte del Patto di Varsavia. Oggi la carenza di effettivi caratteristica dell’esercito professionale fa si che necessariamente unità della guardia nazionale siano dispiegate in area di combattimento, con turni di servizio equiparati a quelli delle forze federali. Chi si arruola nella guardia nazionale, lo fa generalmente con lo spirito di chi, da noi, fa parte di una unità di protezione civile. L’impiego comune delle varie guardie nazionali era stato, sino ad oggi, limitato alle calamità naturali e ai disordini civili. Tutto entro 30 \60 miglia da casa per più o meno una settimana. Col massimo pericolo di uno scontro di piazza con dei dimostranti , salvo per i più “sfortunati”, l’avventura di una puntata transatlantica in Sardegna o nella Foresta Nera per una esercitazione. Tanto è vero che, le guardie nazionali, divennero il rifugio degli imboscati durante la guerra del Viet –Nam. Con la nuova situazione, persone con una famiglia e un lavoro, finiscono per rimanere anche 6 mesi in Iraq, rischiando la pelle, mentre a casa il lavoro svanisce in assenza di ammortizzatori sociali o i clienti si perdono a favore di altri professionisti, che non si erano offerti di servire il Texas piuttosto che la Luisiana. Questo con in più la prospettiva di essere abbandonati alle “cure” degli assicuratori, se feriti .Tutti questi fattori sommati contribuiscono al crollo dell’affidabilità complessiva dello strumento militare ma di più, costituiscono un grave problema per la società, allorquando il militare ritorna ad essere un civile. I dati relativi ai suicidi tra militari ed ex militari sono in allarmante crescita così come i casi disadattamento o di violenza domestica tra i reduci.
Se le ragioni di malcontento della truppa e dei quadri inferiori sono queste, i comandanti hanno a loro volta motivo di lagnarsi. Il regime di outsurcing, cui si è convertito massicciamente lo US Army, fa si che gran parte dei servizi essenziali per la conduzione delle operazioni militari, una volta cessato ufficialmente lo stato di guerra, sia gestito da appaltatori civili. Cibo, vestiario, materiale da fortificazione, carburanti e quant’altro che, prima della presa di Bagdad , venivano portate dai depositi in Kuwait alle truppe, da unità della logistica militare, sono ora trasportate da contractors privati. Solo che, come tutti ben sanno, la guerra non è per niente finita. Esistono così due organizzazioni sul campo, una militare che combatte e un'altra che dovrebbe rifornire la truppa dei supporti essenziali per la conduzione delle operazioni. Quest’ultima però non risponde in alcun modo alla linea gerarchica di comando (Salvo forse per inadempienza contrattuale). Per cui se una zona è pericolosa i contractors possono rifiutarsi di portare le razioni ai marines. Così, questi o stanno a digiuno o distaccano unità preziose di personale combattente, per andare a prendere il necessario, nel primo posto dove dei tizi irresponsabili, per altro profumatamente pagati, si sono degnati di scaricare le vettovaglie, il carburante o il filo spinato. Inoltre i comandanti sul campo vedono in continuazione le ruberie delle ditte appaltatrici, i prezzi spropositati delle forniture, la cattiva qualità ad esempio delle razioni, che si traduce in ulteriore malcontento della truppa. Vedono la disparità tra gli stipendi dei contractors, che rischiano poco o niente, e quelli dei soldati che mettono la vita in gioco continuamente. Ancora, l’impiego in combattimento reale contro un nemico “asimmetrico”, sta dimostrando l’inutilità dei tanti gadget elettronici e delle tante sofisticazioni che farciscono i mezzi in dotazione e che li rendono costosissimi e delicati. Un esempio per tutti le figuracce dell’elicottero Apache, ritirato dal fronte e sostituito dai vetusti Cobra dei Marines, perchè vulnerabile agli schioppi delle milizie di Saddam. Vedono anche che i costi astronomici per equipaggiarsi con questi “giocattoli”, che tanto piacciono ai leader del Pentagono e ai loro sponsor dell’industria militare, si traducono poi in risparmi sulle dotazioni comuni, sulle blindature dei mezzi di uso quotidiano e sugli equipaggiamenti individuali. Ma si sa: non c’è molto valore aggiunto in una lastra di kevlar piuttosto che in una razione da combattimento. Ultimo dei problemi ma principale per importanza è la perdita, da parte dello strumento militare sul campo e nei comandi metropolitani collegati con le truppe combattenti, della fiducia nella conduzione politica. Sfiducia che è salita dal mugugno tra i soldati. Ha superato la barriera degli ufficiali inferiori, è traboccato tra i comandanti di battaglione e ha raggiunto il livello dei generali. Molti dei questi si sono dimessi o sono andati in pensione, negli ultimi 2 anni, per esternare poi pubblicamente il loro dissenso nei confronti del Pentagono. Quando arriva a questi livelli, il malcontento cessa di essere il fisiologico diritto al mugugno dei grognards, della vecchia guardia di napoleonica memoria, e minaccia di diventare, per restare ad esempi francesi, il pronunciamento di Algeri e l’OAS.
Come intona l’inno : Dio benedica l’America … ma pensi anche ad un intervento in Prima Persona, se vuole salvarla
Scipione Emiliano
http://www.appunti.ru/articolo.aspx?id=73&type=home
Riuscirà l'esercito degli Stati Uniti a sopravvivere alle guerre neocon?
L’esercito americano è un esercito ad arruolamento volontario che si basa su due elementi fondamentali: le unità federali e le guardie nazionali dei singoli stati. Le truppe federali vengono arruolate, generalmente con un ingaggio triennale, mediante l’azione di arruolatori che girano per le scuole superiori e i college per far leva sul sentimento patriottico degli studenti con l’aggiunta di promesse sulle prospettive per il futuro che, l’addestramento, le capacità e i meriti acquisiti durante la ferma, offrono rispetto ai civili. Prima che i disastri irakeno e afgano si palesassero compiutamente agli americani, a rispondere positivamente, in genere, erano i ragazzi della piccola borghesia operaia e impiegatizia immiserita dalla deindustrializzazione degli USA. Ragazzi provenienti dall’area rurale del bible belt ovvero la seconda generazione degli ispanici, alla ricerca di una più compiuta integrazione. Un altro 15% degli effettivi era costituito da immigrati più o meno clandestini, dall’America latina e dall’Asia, attratti dal miraggio della carta verde e della cittadinanza. Scarsa ormai era l’incidenza degli afro-americani. Si trattava quindi, nella massa, di bravi ragazzi. Di questi bravi ragazzi, durante l’addestramento, si tentava una sostanziale disumanizzazione con metodi di cui la rappresentazione data nel film Full metal jacket non è assolutamente caricaturale (L’attore che impersona il sergente istruttore dei marines è un vero sergente istruttore che non recita, si limita ad essere se stesso). Lo scopo era ed è quello di trarre delle macchine da guerra da dei giovanotti cresciuti nella disneyland mediatica, che ormai sforma anche i nostri ragazzi. L’effetto reggeva, in genere, per operazioni mordi e fuggi e per campagne di breve durata. Ma quando la presenza sul campo di battaglia si prolunga, anche in operazioni a bassissima intensità, e l‘effetto narcotizzante dell’indottrinamento si stempera, scontrandosi con realtà affatto diverse da quelle descritte dalla propaganda, il livello delle perdite per collasso psicologico da combattimento aumenta a dismisura. Oggi, questi bravi ragazzi trovano sempre meno appetibile l’arruolamento. Ad essi sono stati affiancati, a frotte, i componenti delle bande metropolitane che prima erano esclusi, e dal regolamento che vietava l’arruolamento di pregiudicati, regolamento oggi reso più lasco dal crollo degli ingaggi, e dallo scarso interesse dei gangster. Interesse che ora si è notevolmente accresciuto, da quando le varie gang di chicanos hanno scoperto che la guerriglia in ambito urbano, che si consuma a Bagdad, è un ottimo training per i futuri scontri nel suburbio di Los Angeles o Miami. Così ai bravi ragazzi mal addestrati a fare i cattivi si frammischiano cattivi autentici, dotati di autentica ferocia, con effetti psicologici devastanti per i primi.
Altri fattori poi aggravano la situazione. Le nuove dottrine militari del Pentagono, elaborate dai “pensatori” che circondavano l’ex ministro della difesa Donald Rumsfeld, hanno puntato tutto sulla ipertecnologizzazione e sull’ outsurcing a scapito degli effettivi. La consistenza numerica dell’esercito americano è ridotta ai minimi storici dal 1917. Questo comporta che un qualsiasi intoppo nel turnover degli arruolamenti si traduca in un prolungamento dei periodi di servizio sul teatro delle truppe combattenti. Ora, negli ultimi tre anni, gli intoppi si sono cronicizzati. La diminuzione del “gradimento” della guerra nell’opinione pubblica ha portato ad un crollo verticale degli arruolamenti fra le classi che prima fornivano il nerbo delle reclute. In particolar modo, le principali associazioni, che difendono i diritti degli ispanici negli USA, hanno lanciato una campagna intensiva nelle scuole, per dissuadere i giovani latinos della working class dall’arruolarsi, prosciugando così una delle principali fonti di personale per esercito e marines.
Alla diminuzione degli arruolamenti contribuiscono anche le voci, purtroppo corrispondenti a realtà, che si stanno diffondendo, sull’iniquo trattamento riservato dalla amministrazione militare ai reduci feriti in combattimento, mutilati o comunque resi inabili a riprendere il servizio. Negli anni scorsi, ma non risulta che il provvedimento sia stato ritirato, l’amministrazione finanziaria del Pentagono si è resa colpevole di una disgustosa richiesta di rimborso dei premi di ingaggio, rivolta ai militari che, a causa delle ferite riportate in combattimento, non hanno potuto completare il periodo di ferma triennale, sottoscritto al momento dell’arruolamento. Centinaia di soldati, pesantemente menomati per le ferite riportate, si sono visti consegnare agli usurai delle società di recupero crediti, quando non abbiano prontamente provveduto al rimborso dei circa 2700 dollari che venivano loro richiesti. Ma l’abbandono al loro destino dei reduci non si limita a questo. I soldati delle guardie nazionali, feriti in combattimento, lamentano il fatto che, superato il periodo di emergenza, l’amministrazione sanitaria militare non si faccia carico delle cure per la convalescenza e per gli effetti cronici, abbandonandoli, di fatto, all’inesistente servizio sanitario civile e quindi, in definitiva, a se stessi.
Al di la delle emergenze mediche, la presenza sul campo delle guardie nazionali costituisce di per se stessa un problema. La guardia nazionale è una milizia, ad arruolamento volontario a disposizione dei governatori dei singoli stati. Alcuni reparti di queste milizie sono inquadrate in unità regolari dell’esercito federale e partecipano alle loro attività. In regime di coscrizione obbligatoria, le unità di mobilitazione della guardia nazionale, partecipavano ad esercitazioni congiunte con le forze armate federali sul territorio metropolitano. Il loro dispiegamento in teatro operativo era previsto solo in caso di mobilitazione generale o di alcune esercitazioni che prefigurassero la mobilitazione generale. Durante la guerra fredda alcune unità della guardia nazionale venivano dispiegate annualmente in Italia e in Germania. Ciò nell’ambito della esercitazione REFORGER (Retourn Forces in Germany), in cui si simulava la risposta alleata ad una invasione dell’Europa occidentale da parte del Patto di Varsavia. Oggi la carenza di effettivi caratteristica dell’esercito professionale fa si che necessariamente unità della guardia nazionale siano dispiegate in area di combattimento, con turni di servizio equiparati a quelli delle forze federali. Chi si arruola nella guardia nazionale, lo fa generalmente con lo spirito di chi, da noi, fa parte di una unità di protezione civile. L’impiego comune delle varie guardie nazionali era stato, sino ad oggi, limitato alle calamità naturali e ai disordini civili. Tutto entro 30 \60 miglia da casa per più o meno una settimana. Col massimo pericolo di uno scontro di piazza con dei dimostranti , salvo per i più “sfortunati”, l’avventura di una puntata transatlantica in Sardegna o nella Foresta Nera per una esercitazione. Tanto è vero che, le guardie nazionali, divennero il rifugio degli imboscati durante la guerra del Viet –Nam. Con la nuova situazione, persone con una famiglia e un lavoro, finiscono per rimanere anche 6 mesi in Iraq, rischiando la pelle, mentre a casa il lavoro svanisce in assenza di ammortizzatori sociali o i clienti si perdono a favore di altri professionisti, che non si erano offerti di servire il Texas piuttosto che la Luisiana. Questo con in più la prospettiva di essere abbandonati alle “cure” degli assicuratori, se feriti .Tutti questi fattori sommati contribuiscono al crollo dell’affidabilità complessiva dello strumento militare ma di più, costituiscono un grave problema per la società, allorquando il militare ritorna ad essere un civile. I dati relativi ai suicidi tra militari ed ex militari sono in allarmante crescita così come i casi disadattamento o di violenza domestica tra i reduci.
Se le ragioni di malcontento della truppa e dei quadri inferiori sono queste, i comandanti hanno a loro volta motivo di lagnarsi. Il regime di outsurcing, cui si è convertito massicciamente lo US Army, fa si che gran parte dei servizi essenziali per la conduzione delle operazioni militari, una volta cessato ufficialmente lo stato di guerra, sia gestito da appaltatori civili. Cibo, vestiario, materiale da fortificazione, carburanti e quant’altro che, prima della presa di Bagdad , venivano portate dai depositi in Kuwait alle truppe, da unità della logistica militare, sono ora trasportate da contractors privati. Solo che, come tutti ben sanno, la guerra non è per niente finita. Esistono così due organizzazioni sul campo, una militare che combatte e un'altra che dovrebbe rifornire la truppa dei supporti essenziali per la conduzione delle operazioni. Quest’ultima però non risponde in alcun modo alla linea gerarchica di comando (Salvo forse per inadempienza contrattuale). Per cui se una zona è pericolosa i contractors possono rifiutarsi di portare le razioni ai marines. Così, questi o stanno a digiuno o distaccano unità preziose di personale combattente, per andare a prendere il necessario, nel primo posto dove dei tizi irresponsabili, per altro profumatamente pagati, si sono degnati di scaricare le vettovaglie, il carburante o il filo spinato. Inoltre i comandanti sul campo vedono in continuazione le ruberie delle ditte appaltatrici, i prezzi spropositati delle forniture, la cattiva qualità ad esempio delle razioni, che si traduce in ulteriore malcontento della truppa. Vedono la disparità tra gli stipendi dei contractors, che rischiano poco o niente, e quelli dei soldati che mettono la vita in gioco continuamente. Ancora, l’impiego in combattimento reale contro un nemico “asimmetrico”, sta dimostrando l’inutilità dei tanti gadget elettronici e delle tante sofisticazioni che farciscono i mezzi in dotazione e che li rendono costosissimi e delicati. Un esempio per tutti le figuracce dell’elicottero Apache, ritirato dal fronte e sostituito dai vetusti Cobra dei Marines, perchè vulnerabile agli schioppi delle milizie di Saddam. Vedono anche che i costi astronomici per equipaggiarsi con questi “giocattoli”, che tanto piacciono ai leader del Pentagono e ai loro sponsor dell’industria militare, si traducono poi in risparmi sulle dotazioni comuni, sulle blindature dei mezzi di uso quotidiano e sugli equipaggiamenti individuali. Ma si sa: non c’è molto valore aggiunto in una lastra di kevlar piuttosto che in una razione da combattimento. Ultimo dei problemi ma principale per importanza è la perdita, da parte dello strumento militare sul campo e nei comandi metropolitani collegati con le truppe combattenti, della fiducia nella conduzione politica. Sfiducia che è salita dal mugugno tra i soldati. Ha superato la barriera degli ufficiali inferiori, è traboccato tra i comandanti di battaglione e ha raggiunto il livello dei generali. Molti dei questi si sono dimessi o sono andati in pensione, negli ultimi 2 anni, per esternare poi pubblicamente il loro dissenso nei confronti del Pentagono. Quando arriva a questi livelli, il malcontento cessa di essere il fisiologico diritto al mugugno dei grognards, della vecchia guardia di napoleonica memoria, e minaccia di diventare, per restare ad esempi francesi, il pronunciamento di Algeri e l’OAS.
Come intona l’inno : Dio benedica l’America … ma pensi anche ad un intervento in Prima Persona, se vuole salvarla
Scipione Emiliano
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