POLITICA
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La ricerca del miglior Stato possibile

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Messaggio  Admin Lun Feb 04, 2008 3:10 pm

La ricerca del miglior Stato possibile
QUANDO IL PENSIERO GENERA I MOSTRI DELLA POLITICA







L’uomo, secondo la nota definizione di Aristotele, è un «animale politico», nel senso che vive in una dimensione di rapporti sociali, di problemi pratici, di dialettica interpersonale. Il nostro essere si sviluppa nel mondo della politica; esso comunica, pone questioni, fa scambi, instaura relazioni. La nostra esistenza cresce nella «polis». Per questo motivo, il pensiero si chiede quale sia il modo migliore di organizzare la rete della politica, se possa esserci uno Stato, adatto a renderci felici e realizzati. Una parte della filosofia occidentale pensa che l’uomo possa raggiungere uno stadio politico pienamente compiuto, che esista un’organizzazione perfetta dello Stato: secondo tale idea, noi possiamo pervenire al bene, nella dimensione terrena, quindi possiamo attuare i nostri progetti di vivere in una sfera di completa realizzazione, in un mondo armonioso, programmato quasi come una macchina infallibile. Platone ad esempio, nella Repubblica, indica un modello di Stato ideale. Secondo il pensatore greco, lo Stato è una proiezione dell’anima umana, e ne rispecchia fedelmente i caratteri: come l’anima ha tre dimensioni, quella appetitiva, quella irascibile e quella razionale, così lo Stato presenta tre fasce sociali: gli artigiani, i custodi e i governanti, con diverse funzioni, rispettivamente occuparsi dei beni materiali, difendere la popolazione, e governare. Se tutti fanno il loro dovere, lo Stato raggiunge la perfezione e trionfa la giustizia, che è la più nobile virtù politica. Nell’ottica del pensatore greco, solo i filosofi possono governare bene, perché essi sanno cos’è il Bene, cioè hanno colto la vera realtà, che va al di là di quella fisica. Come possiamo notare, la concezione platonica, da una parte, indica il fatto che il Bene non rientra nella vita terrena, ma fa parte di un assoluto trascendente il reale sensibile, da un’altra parte, però, vede nello Stato il carattere della perfezione, quindi fa diventare anch’esso assoluto e sacro. In questo quadro teorico, il singolo essere umano viene svalutato in sé e collocato in un orizzonte immutabile, dove tutto è preordinato e niente è lasciato al caso. L’idealismo moderno, per certi aspetti, si avvicina a questo pensiero, anche se sviluppa alcuni concetti nuovi. In particolare Hegel parla di Stato etico, che è il momento culminante del percorso dello Spirito oggettivo. Secondo lui, la realtà non è altro che la continua attuazione della vita dello spirito; anche la politica e lo Stato rientrano in tale processo. Per il pensatore tedesco, lo spirito, nella sua dimensione «oggettiva», si realizza prima nella famiglia, poi nella società civile, infine nello Stato, che è la massima attuazione della spiritualità. Solo nello Stato, secondo Hegel, la famiglia e la società trovano il loro significato pieno. Di conseguenza, per lui, il singolo uomo è una particella dello Stato: il vero «bene» risiede non certo nell’individuo, bensì nella «divina» realizzazione dello Stato, che ha, in sé, una cifra di assoluto. Hegel vede nello Stato, addirittura, l’ingresso di Dio nel mondo, la manifestazione dell’assoluto; per lui, tutta la vita personale, sociale, politica deve sottomettersi alle esigenze di quest’entità. Tra Ottocento e Novecento diversi percorsi teoretici assumono i concetti fondamentali dell’idealismo, cambiandone la terminologia, ma non certo la sostanza. Per esempio, alcuni filoni parlano della Società, che diventa il nuovo assoluto della storia umana: essa è il vero Bene dell’uomo; tutto dev’essere sacrificato ad essa. Altre correnti si spingono a vedere nel Partito politico l’unico Bene assoluto: esso rappresenta la migliore organizzazione possibile della vita umana, quindi riveste un carattere di sacralità. Perché le filosofie indicate cadono in difficoltà difficili da superare? Esse non riescono a cogliere il senso del Bene. Quest’ultimo non può risiedere nelle opere del mondo, ma, in quanto fondamento del reale, vive nella trascendenza. L’uomo può tendere ad esso, ma non attuarlo nella dimensione finita: perciò il progetto di creare una società o uno Stato perfetti non solo è un’utopia, ma può diventare un rischio letale. L’essere umano, infatti, quando cerca di vivere l’assoluto nel mondo, finisce per generare mostri sanguinari, come i totalitarismi. Se, allora, il Bene è trascendente e l’uomo è il protagonista della storia, possiamo concludere che il valore supremo della politica è la persona, come ci insegnano Rosmini e Maritain, non lo Stato o la Società o il Partito. Il modo migliore di organizzare la nostra vita politica è quello di porre al centro l’essere umano, sacro nella sua personalità, di rispondere alle sue esigenze, quindi di tendere al Bene assoluto, che, in quanto tale, non può non essere Bene comune di tutti gli uomini.
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